PERCHE’ ANCHE CHI CONDIVIDE LA RIFORMA DOVREBBE VOTARE NO

Se vince il Sì non avremo più una Costituzione.

Cos’è una Costituzione?

La Costituzione, come dice la parola stessa, è l’atto fondativo di una comunità. Il patto di convivenza stipulato tra i soggetti che le danno vita e che si danno le regole comuni all’interno delle quali esercitare le proprie differenze, interessi, aspirazioni. Per sua stessa natura, quindi, una Costituzione è un accordo tra diversi. In questo è fondamentalmente differente da una legge ordinaria, che è espressione della maggioranza che la approva, anche se vale per tutti. Ma qui sta il punto: vale per tutti perché ha alle spalle una Costituzione intesa come accordo di fondo. Per questo una legge vale per tutti solo se rientra nel quadro costituzionale.

In Italia questo patto fondativo è stato stipulato nell’ambito dell’assemblea costituente, appositamente eletta, e nella quale le grandi correnti ideali che avevano animato la resistenza al nazi-fascismo, quella cattolica, quella liberale e quella socialcomunista e le correnti minori (repubblicana, azionista, ecc) si sono misurate ed hanno trovato un accordo sulle caratteristiche e il funzionamento dello Stato a cui con quell’atto davano vita. Un accordo che era anche un compromesso tra classi sociali e che ha garantito per decenni la crescita sociale, civile ed economica del paese ed il quadro condiviso nel quale si esercitava il conflitto sociale, economico e politico.

Si può ben sostenere che a 70 anni di distanza quel patto fondativo andrebbe aggiornato perché è cambiata la situazione interna, internazionale, le classi sociali, il sistema dei valori, ecc. Non è il mio parere, ma può essere sostenuto. La revisione dovrebbe però essere un nuovo patto fondativo, concordato tra le diverse componenti politico-sociali della nazione.

In ciò che andremo a votare non c’è nulla di tutto questo. La riforma è stata proposta dal Governo, che non rappresenta la collettività nazionale, ma (e solo temporaneamente), la parte che lo ha nominato. E’ sostenuta solo da due gruppi parlamentari sui 18  presenti in parlamento. E’ stata approvata da una Camera eletta con un premio di maggioranza dichiarato incostituzionale, che ha trasformato una forza politica che aveva raccolto il 29% dei voti in una maggioranza del 54%. Verrà approvata, se verrà approvata, da poco più del 50% dei votanti, cioè da circa il 25% degli elettori.

Essa, inoltre è condivisa da una parte sociale – la Confindustria – ma non lo è dalla gran parte delle organizzazioni sindacali. Essa è condivisa da un buon numero di sindaci ed amministratori locali, ma è vista con preoccupazione da un egual numero di sindaci e amministratori locali.

A prescindere dal contenuto della proposta di riforma è chiaro che ci troviamo di fronte ad una forzatura e alla trasformazione di una Costituzione in una legge ordinaria. Non avremo più una Costituzione che unisce il paese, ma una Costituzione che lo divide. Cioè non avremo più una Costituzione.

Le conseguenze politiche, sia sul breve, che, soprattutto, sul lungo periodo possono essere enormi e dovrebbero consigliare anche coloro che ne condividono il merito a non votarla.

  1. Se non c’è più un quadro condiviso, che nasce da un compromesso tra diversi e che garantisce tutti, perché le leggi ordinarie dovrebbero continuare a valere per tutti? Prima o poi verrà messa in dubbio la legittimità delle leggi approvate dal Parlamento e lo stesso Parlamento a legiferare.
  2. Se la Costituzione, invece di essere basata sull’accordo tra diversi diventa una legge ordinaria, espressione di una maggioranza protempore, avremo una Costituzione per ogni Governo con la tentazione, che prima o poi potrebbe diventare irresistibile, di ogni maggioranza contingente ad operare modifiche costituzionali che le garantiscano una permanenza definitiva al potere.
  3. Nel corso della nostra storia la violenza politica è venuta essenzialmente da quelle correnti che non riconoscevano il patto costituente. Innanzi tutto dalla destra fascista. Siamo sicuri che una nuova Costituzione imposta a metà del paese non aumenti il rischio di una ripresa della violenza politica?

A COLORO CHE CONDIVIDONO NEL MERITO LE MODIFICHE PROPOSTE: siete sicuri che valga la pena imporle con lo 0,1% di voti in più a tutto un paese e aprire la strada a “non possiamo sapere quali” futuri scenari? E che sia ragionevole fare questo in un’epoca storica di grande transizione dell’ordine mondiale, di grave crisi economica, di riaffacciarsi di culture nazionaliste e xenofobe e di scenari di guerra?

Pensateci: una volta approvata questa svolta, da una Costituzione che unisce a una Costituzione che divide, potrebbe essere per sempre e non si potrà facilmente tornare indietro. Il treno potrebbe non ripassare.